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Sono violento? Se voglio posso cambiare.

Si parla spesso di violenze, di donne maltrattate, di femminicidi, ma poco si parla di chi commette questi atti, i cosiddetti “maltrattanti”.

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Uomini presi da raptus e ira incontrollata, che arrivano a fare così male ad una donna. Indubbiamente colpevoli ma che, sicuramente, hanno diritto ad un ascolto ed un percorso di recupero, proprio per poter cambiare atteggiamento e superare i propri traumi, i demoni interiori.

Il Progetto “CAM-biamenti maschili, è un progetto realizzato dall’Associazione Centro Ascolto Uomini Maltrattanti Onlus (CAM) in collaborazione con la SdS Pistoiese e la SdS Valdinievole e mira a prevenire la violenza di genere facendo intraprendere agli uomini autori di violenza un percorso di assunzione di responsabilità e cambiamento.

Non solo, la violenza viene considerata un costo sociale molto alto, ed intervenire anche sui maltrattanti è fondamentale.

E’ un servizio gratuito, e potranno accedervi maschi in carico ai servizi territoriali, o che spontaneamente vorranno interrompere il loro comportamento violento.
In base alle richieste pervenute ai Cam, in questi ultimi anni, emerge che si tratta di uomini che hanno agito una qualche forma di violenza contro la propria partner o ex partner, per la maggior parte di nazionalità italiana (92%) e per la maggior parte padri (il 77% ha almeno un figlio).

Così come la letteratura non individua un profilo standard circa l’uomo che agisce violenza nelle relazioni affettive, così anche l’esperienza CAM mostra come il comportamento violento sia trasversale per età e status socio-economico. La maggior parte degli accessi, ovvero il 62%, riguarda la fascia d’età 31 – 50 anni, cioè la fascia di età adulta. Stessa omogeneità di distribuzione riguarda anche la professione degli uomini che si sono rivolti al CAM. Infatti è possibile rilevare una distribuzione abbastanza uniforme tra liberi professionisti ed operai. Troviamo un picco tra i dipendenti sia pubblici che privati, ben il 36%.

Infine, la maggior parte dell’utenza CAM si trova ancora in relazione con l’ultima partner contro la quale è stata agita violenza. Un comportamento violento e controllante ricordiamo che può assumere  forme diverse. Può essere: Verbale Psicologico ed Emotivo, Sessuale, Sociale e non ultimo, Economico.
La Presidente SdS, nonché Vice Sindaco del Comune di Pistoia Annamaria Celesti,  così interviene: “L’Ente pubblico è fondamentale, perchè è compito primo di un Ente quello di occuparsi di violenza di genere, tenendo conto di ogni aspetto. Questo significa che accanto alle azioni ed ai servizi attivati per le donne, e i minori vittime di violenza, dobbiamo pensare anche a chi è autore della violenza, prevedendo una presa in carico finalizzata ad interrompere i comportamenti violenti e aberranti, avviando un percorso di recupero dello stesso maltrattante”

images63333 1Un approccio nuovo, ma nell’aria da tempo, perché non si può continuare a pensare solo alla vittima prima, cioè la donna, ma anche a chi ha commesso l’atto violento, per rieducarlo e capirne le cause. Il progetto è finalizzato, infatti, come giusto fare, a prevenire la reiterazione di certi comportamenti. Perché occorre capire che chi è autore di violenza, una volta scontata la pena che la giustizia stabilirà, tornerà a vivere in società e molto probabilmente potrebbe trovarsi nuovamente a scontrarsi con le stesse dinamiche personali e relazionali, se non risolte. I percorsi di cambiamento attivati attraverso questi sportelli di ascolto sono volti proprio a interrompere un certo tipo di comportamento, andando a guarire le cause.

I dati che la Presidente Celesti mette in luce sono ancora ad oggi allarmanti: “100 donne sono state prese in carico nel 2018, e circa 10 al giorno sono coloro le quali si rivolgono ai Cav. Siamo solo alla punta di un iceberg, perché sicuramente sono molte di più coloro che subiscono e tacciono” afferma.

Credo che il primo passo per cambiare la cultura della violenza sia riconoscerla e nominarla. Se consideriamo “normale” offendere quando siamo in disaccordo con qualcuno, alzare la voce per prevaricare nella discussione, rompere oggetti quando siamo esasperati e qualche volta tirare una schiaffo ai nostri figli quando ci mancano di rispetto, saremo portati a pensare che questi comportamenti siano normali e non fare niente per cambiare atteggiamento.

“Quando lavoriamo con uomini che sono violenti- dicono gli esperti- non troviamo dei mostri assetati di sangue, ma semplicemente uomini che hanno appreso un linguaggio in cui per un uomo è legittimo e giusto prevaricare sugli altri ed in particolare su donne e bambini”.

C’è un sottile linguaggio del privilegio maschile, che fa sì che gli uomini pensino di essere legittimati ad essere violenti, senza mai percepire le proprie azioni come violente.
C’è ancora molto da fare per contrastare la violenza di genere, ma la nascita dei centri dedicati ai maltrattanti segna una svolta importante per trattare il problema a 360*, e soprattutto perché si possa agire su chi commette così tanta violenza.

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