
“Sarò il Presidente di tutti”.
“Sarò il Presidente di tutti”
«Io non sono il candidato cattolico alla presidenza. Sono il candidato del Partito Democratico, che si dà il caso sia anche cattolico». Questa la famosa dichiarazione di Jhon Fitzgerald Kennedy.
Parto da qui, perchè trovo, anzi ritrovo in queste parole semplici, ma altamente profonde, il senso di una rappresentanza politica, in questo caso Presidenziale.
Perchè quando si diventa Presidente, lo si diventa di tutti.
Questo non è sempre così. Ciò, naturalmente, può dipendere dalla politica troppo schierata di taluni, poco incline al dialogo ed alla democrazia, ma può , anche, derivare da posizioni apparentemente libere, salvo poi, venir contagiate da elementi di spicco appartenenti allo stesso Presidente.
Parlo degli Stati Uniti d’America. Uno degli Stati più grandi e complessi al mondo.
Fatto di tanti Stati in un unico Stato. L’America, che da sempre, pur essendo una realtà giovane, ha dominato mercati e politiche estere. Ecco perchè, anche dall’Italia viene seguita con molta e doverosa attenzione.
Ci sono voluti ben quattro giorni per constatare la (pare) vittoria di Joe Biden, anche se non si spengono le violente proteste dello sconfitto Trump, che urla di brogli elettorali.
Forse ha ragione, forse no. Non è dato a me saperlo. Lo farà chi di dovere, una volta emerse le debite informazioni, come giusto sia. Il sistema elettorale statunitense è molto complesso.
E, diciamo, difficile da comprendere per chi non è avvezzo al tema, studioso esperto delle dinamiche elettorali.
Grandi elettori, voti popolari talvolta molto discostanti. Biden ha largamente prevalso su Trump nel voto popolare, distanziandolo di un buon 5%. Il fatto che il sistema elettorale americano divida la competizione nazionale fra i diversi Stati e premi il voto rurale rispetto al voto urbano può sembrare ingiusto, ma non sorprende. Basta infatti ricordare che, nelle più recenti elezioni, Hillary Clinton aveva ottenuto quattro milioni di voti in più del suo rivale, ma Trump è diventato presidente degli Stati Uniti.
Il rispetto delle regole, perfette o imperfette, è il fondamento di ogni sistema politico.
Quanto sta avvenendo questi giorni, negli Stati Uniti, sta proprio qui. La ribellione di Trump di fronte al risultato elettorale, di fatto mette in crisi questa regola fondamentale. Tutto ciò sta avvenendo nel Paese che è sempre stato il leader della democrazia e accade in un periodo storico in cui i governi democratici stanno arretrando quasi ovunque.
Da alcuni mesi, l’economia americana mostra chiari segni di rallentamento. Questo, indubbiamente, non tanto a causa delle politiche Trumpiane, ma per una pandemia mondiale che anche negli States ha generato danni enormi.
E la situazione sembra essere destinata a peggiorare: i sussidi di disoccupazione straordinari sono scaduti a luglio, la protezione garantita dal programma PPP terminerà a fine novembre e il rifinanziamento delle amministrazioni pubbliche locali è sempre più impellente. E questo dannato Virus, è tornato a imperversare: il numero di contagi è in forte aumento anche negli Stati Uniti e da più parti si paventa la possibilità di nuovi Lockdown.
Situazione non facile, anche per chi dovrà sedersi nella Sala Ovale.
Perchè è lì, al di là di tutto, che si gioca davvero la capacità di chi guida una Nazione.
Nessun elogio a ” the Donald”, se non alcune migliorie per l’economia americana a livelli migliori del precedente predecessore. Giusto due, proprio due, considerazioni: PIL del 33% solo nell’ultimo trimestre, un disegno di legge firmato e sostenuto da Trump, nel 2020 la maggior parte dei dipendenti federali vedrà aumentare la propria retribuzione in media del 3,1% ,il più grande aumento degli ultimi 10 anni, ha dichiarato guerra alla pedofilia attraverso un decreto Presidenziale, incrementando i fondi e operatività alla lotta al traffico di esseri umani. La produzione dei vaccino, messa sotto il controllo degli Stati Uniti per verificarne la purezza e i requisiti di idoneità per la diffusione. Ha chiuso le relazioni l’OMS per sempre, tagliando i fondi a loro destinati e avviando un’indagine su di loro, visto la complicità con la Cina. Ha aperto una piattaforma di reclamo per segnalare la censura su Facebook, Twitter e YouTube. Dichiara i luoghi di culto “servizi essenziali”. Oggi, i tassi di povertà per gli afroamericani e gli ispano-americani hanno raggiunto i livelli più bassi da quando gli Stati Uniti hanno iniziato a raccogliere questi dati. Il programma Reformed Medicare, una riforma dedicata agli anziani con basso reddito al fine di non caricare su quest’ultimi il costo delle prestazioni sanitarie. Il mercato azionario ha raggiunto livelli record. Il tasso di povertà è sceso a un minimo di 17 anni dell’11,8% sotto l’amministrazione Trump, con oltre 10 milioni di posti di lavoro creati negli ultimi 4 anni. Il 401k, il borsino previdenziale degli americani legato al mercato azionario, si è gonfiato come mai prima nella storia recente, aumentando i risparmi di centinaia di migliaia di americani.
Donald Trump è l’Occidente liberale e libero di espressione, ( cit. Marfè – giornalista americanista e autore del libro “Yes we Trump”) “che difende le statue di Cristoforo Colombo, che se deve dire ad un suo interlocutore che è un coglione, gli dice “sei un coglione” e non “sei diversamente sveglio”, non si fa imbambolare dalla Cina.
Perché sa che nella vita, politica di un uomo, ma anche culturale di popoli e civiltà, o sì è Cesare o si è nessuno”, ed evidentemente, ha rotto il patto d’amore con l’America First.
Perchè i Cesari non piacciono più.
Lui, è questo, ed il suo programma era quello di nazionalizzare gli Stati Uniti a scapito di un multilateralismo fumoso e inutile, di procedere con le politiche sul Clima ma con rispetto per il lavoro, di non fare nessuna guerra, se non quella ” muro contro muro” con la Cina.
Biden-Harris è altro. Li scrivo assieme, al singolare, non a caso.
Sicuramente più “rassicuranti” in una fase come questa, nella quale, evidentemente, gli Stati Uniti necessitavano di questo. Non di urla nè di estremismi, ma di fermezza democratica. Un ossimoro? No.
Nella proposta politica Biden- Harris- Cortez, la aggiungo in coda, perchè rappresenta la falange estremista di sinistra che farà sentire la sua presenza, accanto ad altri più centristi, tanto da venir definiti di destra, c’è una ampia rappresentanza di aspetti diversi tra loro.
Joe Biden e Kamala Harris hanno vinto grazie a un totale di 74 milioni di voti, record assoluto nella Storia a stelle e strisce. Donald Trump e Mike Pence, invece, si sono tra virgolette fermati a quota 71 milioni, rispetto ai 63 milioni che erano valsi la vittoria nel 2016. Un’affluenza davvero forte, senza precedenti, aiutata anche grazie al Voto Postale, un flusso così incredibile di voti tutti a favore, senza alcuna sbavatura, al punto da risultare sospetta. Questo è ciò che spinge “l’ex” Presidente a a non riconoscere il risultato delle urne né a concedere la telefonata di resa e di rito al suo sfidante, ed è deciso a dare vita ad una raffica di ricorsi a tutti i livelli: dal singolo seggio, al procuratore di questa o di quella località, fino ad arrivare alla Corte Suprema, dove la destra vanta un vantaggio, almeno sulla carta, di 6 giudici a 3. Vedremo se guerra sarà.
A livello internazionale si sprecano le congratulazioni, persino dalla Cina che vedeva in Trump, un Presidente scomodo e poco incline al dialogo, mentre in Biden ha sempre visto una proficua alleanza. Ricorderemo i ” Noodle democratici”, di Pechino, assieme a Xi Jinping.
I primi auguri arrivano, infatti, dal proprietario dello Yaoji Chaogan, ristorante sotto la Torre del Tamburo, in cui Biden era stato a pranzo nel 2011. Ci sono ancora esposte le sue foto, e da ieri è tornata la coda di clienti, e fotografano le foto appese alle pareti.
Ma nè dalla Cina, nè dalla Russia, con prudenza maniacale, arrivano le congratulazioni. «Non spetta né a me né a Donald Trump decretare chi ha vinto: lo faranno gli americani».
Tuona Biden. Of course, verrebbe da dire.
Nel resto del mondo, in Europa, molti si sono ( invece) già allineati con il nuovo ( forse) Presidente e nella fattispecie, Silvio Berlusconi che, da moderato, liberale, liberista, riformista democratico, a guida di Forza Italia, da sempre contro i Sovranisti, e a chi urla alla pancia, ma tende ad un’area moderata, rispettosa delle differenze, con e da cui, trarre crescita e collaborazioni, ha esternato la volontà di un continuo – costante dialogo con gli Stati Uniti che, per l’Italia rappresentano una vera e propria forza economica con cui dover collaborare.
Con Trump, Berlusconi non s’è mai davvero preso. Diciamolo pure. Con Biden, punta anche per ricostruire quel rapporto tra Stati Uniti e Europa che ci stanno molto a cuore. C’è una considerazione da fare, oggi più che mai, valida in Usa, e qui, da noi, cioè : la sconfitta di The Donald e l’affermazione del suo avversario Biden, se sarà confermata, come appare evidente, sono la dimostrazione che si vince al centro. Lì dove si colloca, nel campo dei moderati, Forza Italia. Al centro, dove non si becera, ma si parla con determinazione e pacatezza.
Lungimirante, e saggio, Il Presidente Berlusconi, come sempre: “Joe Biden è un alleato strategico. Ciò che conta – dice – è che i rapporti transatlantici si consolidino per affrontare alcune grandi sfide: dalla tutela dei comuni interessi commerciali con la Cina al consolidamento della Nato, dalla lotta al terrorismo islamico alla pace in Medioriente con la tutela dei diritti di Israele. Credo che Trump abbia pagato con queste elezioni anche il suo atteggiamento molto spesso troppo arrogante”.
Così Silvio Berlusconi ha commentato le elezioni americane durante la trasmissione Che tempo che fa. Inoltre, aggiunge: ” Ho mandato i miei auguri di buon governo a Biden. Gli Usa risultano divisi.
Ma credo che oggi Biden abbia chiara la necessità di essere il Presidente di tutti gli americani. E questo penso possa essere un bene per tutti noi”.
E qui, si torna alla chiosa iniziale, ricordando un grande JFK.
Perchè la vera bravura di un leader, è quella di saper dialogare con tutti, e saperli rappresentare. Ad majora, Presidente Biden.