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Made in Italy : crisi o forza propulsiva?

Made in Italy : crisi o forza propulsiva?

La recente guerra russo-ucraina, scatenata da Putin, avrà effetti sull’economia mondiale ed in particolar modo su Europa e Italia? Ed il nostro Made in Italy, quanto risentirà di sanzioni e della caduta economica ?

L’interrogativo è legittimo. Come legittima è la riflessione sulla questione che riguarda la forte dipendenza dal gas russo, uno dei forti punti deboli dell’Unione Europea e dell’Italia, che ci porta in una spirale economica negativa, generata dai rincari dell’energia, delle materie prime e dei prodotti chimici (tra cui i fertilizzanti) su bollette ed altri prodotti (tra cui quelli alimentari), che rischia di erodere pesantemente il potere d’acquisto e di frenare fortemente la spesa delle famiglie.

Inutile dirlo, ciò è di fatto una minaccia per la crescita economica, dato che i 2/3 del PIL dal lato della domanda sono generati proprio dai consumi.

Un altro aspetto molto riguarda più specificamente alcuni settori e territori europei ed italiani che esportano prevalentemente verso la Russia.

In Toscana è forte il vivaismo, l’arredamento e il settore Moda ( intendendo con esso il calzaturiero, l’abbigliamento, la pelletteria in genere) L’allarme che viene dai settori suddetti è forte: ordini realizzati, merci pronte ma non inviate con conseguente aggravio di costi da parte delle aziende.

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Made in Italy

I prodotti italiani più importanti diretti verso la Russia, che risentono fortemente di questa situazione, con un rallentamento degli scambi, oltre ai predetti, includono anche farmaci, rubinetteria, macchine per imballaggio, vini e spumanti, caffè torrefatto, , impianti di sollevamento e trasporto, preparazioni per capelli.

Tuttavia, da analisi economiche il Made in Italy risulterebbe risentire di meno rispetto ad altri Paesi, delle sanzioni con la Russia, con la conseguente frenata degli scambi commerciali. Ciò perchè il Made in Italy riesce a differenziarsi in termini di prodotti.

Il Made in Italy, lo abbiamo detto più volte, è qualcosa di unico al mondo non soltanto per la qualità, il design, la bellezza e l’innovazione tecnologica dei suoi prodotti, ma anche per la capacità di reiventarsi e riproporsi continuamente in chiave moderna, attuale, innovativa attraverso i nostri beni tradizionali, ed il loro straordinario innato patrimonio di cultura e storia.

Per la genialità di progettare in continuazione nuovi beni e sistemi complessi all’avanguardia nei più moderni comparti tecnologici, il Made in Italy rappresenta anche qualcosa di particolare, diverso e unico per la struttura del suo sistema produttivo orientato all’export, che a differenza di altri Paesi, è stato costruito ed è basato, su numerose ma piccole “nicchie” e filiere di dimensioni medie e medio-grandi, molte delle quali leader a livello internazionale. Il bello è anche buono. Di qualità.

l’Italia, secondo uno studio effettuato dalla Fondazione Edison, vanta il secondo numero di prodotti “medio-piccoli” in surplus con l’estero (2.069 prodotti) dopo la Cina (2.699) e davanti alla Germania (2.006). Ed è terza per valore complessivo del loro attivo (134,5 miliardi di dollari) dopo la Cina (290,5 miliardi) e la Germania (176,3 miliardi). Quest’ultima ci supera in virtù di una struttura del sistema produttivo tedesco, dotato di un maggiore numero di grandi imprese operanti in grandi settori rispetto a quello italiano.

Ma è significativo notare come il valore medio del nostro surplus per i prodotti “medio-piccoli” è comunque il quarto della tabella dopo quello della Cina, i cui prodotti “medio-piccoli” sono schiacciati verso l’alto in termini di valore del surplus, la Germania e il Giappone, ma non molto distante dal valore di quest’ultimo Paese. Ciò significa che la maggior parte dei nostri prodotti “medio-piccoli” non sono poi così troppo piccoli.

Per comprendere meglio il modello produttivo dell’Italia, basti pensare che con imprese manifatturiere ed esportatrici piccole (ma non micro), medie e medio-grandi, l’Italia rappresenti un caso pressoché unico al mondo, caratterizzato da un surplus commerciale dei prodotti “medio-piccoli” (134,5 miliardi di dollari nel 2019) quasi uguale a quello dei “grandi” prodotti (137,9 miliardi).

Conseguentemente, ne viene che la quota dei prodotti “medio-piccoli” sul valore totale del surplus dei beni in attivo con l’estero nel caso dell’Italia arrivi a sfiorare il 50% , mentre è molto più basso nel caso di tutti gli altri Paesi analizzati.

Indubbiamente c’è preoccupazione, soprattutto per la merce giacente, inevasa, quindi non riscossa, ma è altrettanto vero che per anni, il dibattito in Italia si è sterilmente concentrato sul tema se “piccolo” fosse bello- utile- oppure no. Questa analisi cambia la prospettiva del problema. È bello ciò che funziona e il Made in Italy, sotto questa ottica lo è certamente.

Da aggiungere, last but not least, che questa grande differenziazione, relativa alla nostra produzione e relativo export forse non sarà così capace di proteggerci dalle conseguenze della follia di Putin, ma un pò ( forse) riuscirà a tranquillizzarci, ed a servirà a mitigarne gli effetti devastanti.

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