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ciao piccolo kirill

di Alessandra Tuci

Ciao piccolo Kirill, e perdonaci se non siamo riusciti a proteggerti.

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Pixabay

Piccoli piedini ricoperti da calzini blu e grigi, pantaloncini scuri, manine inermi che ricadono nel vuoto. 

Una copertina azzurra che copre il volto e il busto, macchiata di sangue. Forse è la stessa copertina che la mamma ti metteva addosso per fare la nanna nel tuo lettino o per cullarti dolcemente in braccio così che tu non potessi prendere troppo freddo. 

Sangue del suo sangue. 

Il volto perso nel vuoto di un padre giovanissimo che ti tiene in braccio. Il volto della tua mamma, invece, è contratto dal dolore, la maglietta grigia sporca di sangue, il sangue del suo bambino.

Un operatore sanitario vestito di arancione guarda impotente la scena, sa già che non ci sarà più nulla da fare. 

La disperata corsa in ospedale, quella maledetta domenica 6 marzo 2022, di Marina e Fedor, finisce lì, sotto i bombardamenti russi a Mariupol. 

Sei tu piccolo Kirill, 18 mesi, ad aver perso la vita stavolta, piccola vittima sacrificale di un mondo marcio dove uomini uccidono altri uomini in nome di chi sa che cosa. 

In quella foto agghiacciante che nessuno potrà mai dimenticare, kirill dorme esanime tra le braccia del padre.

Poco dopo, il tuo piccolo corpicino è adagiato su una barella. Stavolta la copertina azzurra ti copre totalmente.

La mamma piange china su di te, ti accarezza dolcemente come se tu stessi solo dormendo. Il babbo è in piedi, accanto a lei, ti guarda e si tocca il viso con le mani. 

Altra foto che immortala un dolore immane che non potremo mai dimenticare. 

È il dolore di tutti. 

È lo strazio senza fine di ogni uomo, donna, madre e padre che abbia ancora un briciolo di umanità in fondo al suo cuore. 

In una domenica come tante, dove di solito ci si riposa dal lavoro, si va a pranzo dai nonni, si esce a fare una passeggiata con i propri genitori e si gioca con altri bambini tu, piccolo Kirill, hai lasciato in punta di piedi questo mondo orribile nel rumore tremendo di una guerra che non ti appartiene. 

Tu che chiedevi solo di giocare, di stare con gli altri bimbi, di dormire sereno tra le braccia della tua mamma al calduccio della tua cameretta cullato dalle dolci ninna nanne di un carillon a forma di cavallino. 

Tu che non c’entri niente in questo inutili logiche di potere, te ne sei andato lasciando la tua copertina azzurra ricoperta di sangue. 

Tu che non sei potuto crescere, diventare grande, diventare uomo e padre a tua volta. 

Tu la cui vita è stata spazzata via in un istante. 

Tu come tanti altri piccoli innocenti ucraini. 

Perdonaci se non siamo riusciti a proteggerti. 

Perdonaci per questo mondo disumano che ti ha portato via. 

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