yun shouping peonies

Quando la Peonia si tinse di rosso

… Quando la Peonia si tinse di rosso.

di Giovanni Cozzolino

La Peonia è considerato il fiore più amato in Cina e nel sud-est asiatico. Il suo significato simbolico esprime gioia, pace, benessere. Offrire questo fiore e segno di augurio di felicità.

Nel 1966, la Peonia assunse ben altro significato, in un paese che contava già, all’epoca 725 milioni di abitanti.

Il fiore cessò di avere questo significato, insieme a moltissimi simboli in quanto ritenuti “controrivoluzionari”. Iniziò quell’anno quasi, improvvisamente, quella che fu definita la Rivoluzione culturale.

Mossa dal leader Mao Zedong (comunista leninista), la cui direzione era stata posta in discussione a causa del fallimento della politica economica da lui ideata e pianificata nel cosiddetto “grande balzo in avanti”.

La Rivoluzione Culturale fu il tentativo, pienamente riuscito, effettuato da Mao per riprendere il comando effettivo del Partito e dello Stato, dopo un periodo di politiche meno radicali. Fu attuata mobilitando i giovani per estromettere a sua volta i dirigenti, sia nazionali sia locali, che lo avevano emarginato. 

Furono istituiti comitati rivoluzionari per sostituire le agenzie governative originarie.  Lo scontro tra Mao e altri massimi leader era mascherato, dal punto di vista ideologico, con la lotta contro quello che definiva “il riformismo” dei suoi oppositori, tra cui Liu Shaoqi e Deng Xiaoping, al fine di ripristinare l’applicazione ortodossa del pensiero marxista-leninista che egli riteneva coincidesse con il suo pensiero.

I massacri furono innumerevoli. In occidente pochissimi vennero a conoscenza di questi eventi. Mao era osannato nelle nostre università (soprattutto in Francia) ma anche in Italia, ove la totale ignoranza della cultura cinese fece credere a moltissimi intellettuali di sinistra che la Cina di Mao fosse l’espressione massima del vero “paradiso comunista”, del vero futuro della politica ideologica mondiale.

L’azione condotta da Mao Zedong , che aveva radunato, in poche settimane, nella provincia di Pechino 12 milioni ( !) di miliziani ai quali erano stati distribuiti degli scritti incollati dentro una copertina di carta di riso rossastra (divenuto poi il “libretto rosso”), iniziò così la caccia alle cinque “categorie nere” della società cinese :

1) proprietari terrieri.

2) contadini “ricchi”

3) controrivoluzionari

4) “cattivo elemento”

5) “persona di destra”

Lo stesso giorno, in tutta la Cina fu dato il via ad una caccia forsennata, isterica, schizzofrenica, parossistica, a chiunque avesse, o fosse considerato, appartenente ad una di queste categorie. Fu un periodo di terrore immensamente superiore al periodo del terrore durante la rivoluzione francese.

Quando Mao Zedong ritenne che una intera classe sociale, a lui invisa, fosse stata spazzata via ( 1968/ inizio del ’69) il numero di morti furono (fonte stimata nel 1985 e confermata dallo stesso Mao Zedong, prima della sua morte, in un colloquio con il Re dell’Etiopia Aile’ Salassie) di circa 60 (sessanta) milioni.

Nella sola Pechino, nel solo mese di agosto del 1966 (dal 1° al 29) furono uccise 10.000 persone e altre 85.000 deportate nei campi di rieducazione. Per dare una misura della ferocia dei massacri, basti citare a quello di Daxing ove il più anziano ucciso aveva 80 anni semiparalizzato a letto, mentre il più giovane aveva solo 38 giorni.  

I metodi di macellazione durante l’Agosto Rosso includevano percosse, frustate, strangolamenti, calpestamenti, bolliture, decapitazioni e così via. In particolare, il metodo utilizzato per uccidere la maggior parte dei neonati e dei bambini era quello di sbatterli a terra o di tagliarli a metà.

Questo bagno di sangue del tutto sconosciuto in occidente, ove la nostra sinistra di quel periodo, inneggiava alla rivoluzione culturale nella totale ignoranza e ottusità della sua intellighenzia, sancì la nascita della struttura dittatoriale comunista, tramandabile a “Delfini” decisi dal dittatore di turno alla sua morte.

Attualmente, di fatto, Xi Jinping odierno segretario-presidente-dittatore comunista cinese, si è potuto proclamare presidente a vita (l’abolizione dei limiti di mandato per la presidenza da lui avallata) in base alla costruzione di potere inaugurata in quel sanguinoso periodo storico.

La progressione esponenziale dell’economia cinese appare particolarmente pericolosa da un punto di vista geopolitica, in quanto punta alla acquisizione subalterna di economie di paesi terzi inglobandoli nella propria cerchia di interessi economico-politico-militari.

Attualmente, il personaggio Xi viene considerato un dittatore da svariati osservatori politici e accademici internazionali, che sotto il suo comando in Cina citano un aumento della censura e della sorveglianza di massa, il deterioramento dei diritti umani, il suo culto della personalità.

La Cina, potenzialmente, potrebbe esplodere in una serie di limitate guerre interne il cui risultato non sarebbe pronosticabile. L’attuale momento, come testimoniano le rare immagini dei disordini di Hong-Kong, di qualche mese fa, e quelli attuali di Shanghai giustificati con l’arginare una pandemia inesistente, testimoniano che le Peonie potrebbero in Cina tornare a tingersi ancora di rosso.

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